Salvo sconvolgimenti, mancano oramai poco più di due settimane all’attesissima scelta della Federal Reserve di ritoccare verso l’alto i tassi di interesse di riferimento. Una scelta che manca dal 2006 (ultimo anno in cui i tassi Fed Funds sono stati spostati verso un livello superiore) e che sembra oramai ufficiosamente confermata da più parti.

Anche sulla scia di questo il dollaro sta cercando di consolidare le posizioni su un metaforico trampolino di lancio che potrebbe permettergli, entro poche settimane / mesi, di raggiungere la parità teorica nel cambio contro l’euro. Tutto previsto, dunque?

Anche per una decisione che sembra oramai imminente e oramai scontata, è bene assumere le opportune deduzioni. Ad esempio, in ambito macroeconomico pochi giorni fa il Pil del III trimestre è stato sì rivisto al rialzo, ma contemporaneamente ha dovuto fare i conti con la delusione ottenuta in seguito alla pubblicazione dei dati sulla fiducia dei consumatori, che scende contro aspettative di aumento.

Per quanto ovvio, si tratta comunque di una delusione che non dovrebbe intaccare le attese favorevoli del rialzo dei tassi: se vi saranno, i cedimenti tecnici del dollaro nel brevissimo termine saranno molto contenuti, e tenuti a galla da quel che si crede avverrà tra il 15 e il 16 dicembre.

E l’euro?

Negli ultimi giorni la valuta unica ha tentato qualche tiepida risalita contro la valuta verde, sulla spinta dei dati IFO tedesco e fiducia francese, entrambi migliori del previsto. Salvo sviluppi imprevisti, il cambio dovrebbe comunque mantenersi pressochè stabile, per poi scendere quando la BCE – il 3 dicembre – assumerà le previste nuove misure di stimolo monetario, allargando e approfondendo il proprio quantitative easing


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